Una parola da portarci nel nuovo anno: umanesimo.
Umanesimo parola da “usare con cura”, da rivedere…ripulire….da togliere dagli altarini della storia universale. Vado in prestito ad un filosofo che stimo per le cautele metodologiche e per gli stimoli epistemici che mi suggerisce; “Parlo,….scrive Roberto Esposito……, di quel complesso movimento di idee, pratiche filologiche, transiti culturali che ha preso il nome di “umanesimo” con un termine che malgrado la sua apparente limpidezza, contiene al suo interno un nucleo sfuggente ed enigmatico.”
E’ all’interno di questo “nucleo teoretico che la nostra continua ricerca sul mondo e le sue rappresentazioni deve esercitare la sua “sfida cognitiva” poetica e filosofica.
Evitare l’umanesimo – universale e necessario – aggressivo e radicale che eleva la speranza e l’utopia a principio assoluto ed eteronomo. Scegliere la terra e i suoi uomini come meta o viaggio delle proprie migrazioni mentali, per trovare in essa e solo in essa la sua realizzazione di senso non come imposizione di senso da un pensiero astratto o teologico. Pensando che se proprio un Dio esiste doveva corrispondere alla grandezza più solitaria dell’universo alla ricerca dell’altro nelle comunità umane provvisorie e nomadi.
E allora imparare a penetrare con il pensiero dove le cose diventano “complicate e tristi”….oscure, velate ad “infinitum nihil”.
I pigri delle certezze e delusi del proprio passato da “progressisti per l’eternità” faranno fatica a rifarsi dei danni subiti sui produttori e distributori delle loro illusioni, come se fosse possibile appellarsi a una tutela o autority dei consumatori nell’ambito delle idee. L’uomo produce gli uomini in carne ed ossa….spirito e corpo…. attraverso una vita di esercizi per prove ed errori…approssimazioni e verifica …..definizioni e confutazioni. E’ tempo di disvelare l’essere umano come quell’essere vivente che nasce dalla ripetizione e dalla vocazione ad esporsi e sbagliare.
L’Ecce Homo di Nietzsche ha prodotto spunti per una dottrina dell’esercizio utile alla vita o teoria generale dell’ascesi con i piedi profondamente impiantati nella terra e tra gli uomini.
Non cerchiamo nell’umanesimo una teoria complessiva dell’esistenza incentrata sull’esercizio retorico, nell’agonismo sofistico o anche nella metafisica degli opposti.
Rendere esplicito l’implicito, chiaro lo scuro, svelato il velato (alethèia- verità-svelamento continuo) costituisce la forma cognitiva della “libertà di” degli antichi non della “libertà da” dei moderni dove il “destino” diventa la parte enigmatica e sacra di un Edipo liberato nel bosco di Colono.
C’è qualcosa di nuovo sotto il sole a livello cognitivo e noi provvisoriamente l’abbiamo praticata sotto il nome di “paesologia” una “scienza arresa” che ci incalza a rientrare tra le crepe del nostro animo scisso e negli anfratti nascosti e le pieghe di un cuore disamorato che mortifichi almeno per un anno l’alterigia padronale del nostro lògos in un impegno personale e civile ricco di soddisfazione emotiva ed intellettiva.
Nel “bosco della paesologia” abbiamo incontrato un “folle” su una “moto del tempo” che cercava il suo “clown” personale tra gli alberi, le siepi, nelle grotte, nelle colline, nei piccoli paesi, le crepe …i dirupi.
Egli accese una lanterna alla chiara luce del giorno e correva gridando e ballando a tutti quelli che incontrava nel suo cammino “cerco il clown…mi è scappato il clown!” suscitando frizzi, lazzi …ma mai paura.
Qualcuno diceva “…si è perduto poverino!”…. “… Si, si, si è perduto come un bambino” diceva un altro con una certa commiserazione ridendo.
“Dove è perché il clown che è dentro di noi se ne andato?” – gridò a tutti – “ve lo voglio dire!….siamo stati noi ad ucciderlo!…voi ed io assieme! ….siamo noi tutti i sui assassini! Ed ora noi vaghiamo impauriti in quell’infinito nulla, in una notte sempre più fonda. Quali riti espiatori o giochi dobbiamo noi inventare?”.
A questo punto il folle tacque e rivolse lo sguardo ai suoi ascoltatori che lo guardavano silenziosi e stupiti.
“Forse sono venuto troppo presto?! – disse ispirato- non è ancora il mio tempo?! Ci sono troppi pagliacci in giro e nani e ballerine di tutte le risme e colori. E le parole buone e giuste si sono consumate per orecchie incerate e sorde”.
Tutti sghignazzando tacevano e tra di loro un bambino si avvicinò al folle e gli disse all’orecchio parole semplici e incomprensibili: “Non perdere tempo con gli uomini, i paesi, la natura! Cerca dentro di te non in superfice ma in profondità. Ma mi raccomando l’importante è cercare. Ma se per avventura o sfortuna non trovi niente ……va bene lo stesso!”.
E’ questo ricercare che è il senso della vita …, il resto è silenzio disturbato dalle quisquilie, bazzecole e pinzellacchere che gli uomini usano per ingannarsi e allontanare la paura di dover morire.
Si racconta che nel bosco incontrò anche comunità libere, provvisorie, sognatori pratici e anacoretiche e chiese organizzate e fece irruzione ballando intonando il ‘requiem aeternam’ al Clown.
Allontanato in malo modo o con sufficienza continuava a gridare: “Svegliatevi morti viventi …ciechi-sordi–muti custodi di fosse e sepolcri imbiancati” e sparì tra gli alberi alla vista di tutti gli umani saltellando con la sua moto del tempo tra “stelle danzanti”.
(*) Mercuzio è l’angelo custode di Nanos al secolo Mauro Orlando – Presidente Onorario della Comunità RNCD
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